TATIYAK - racconti di viaggio

Lago di Mezzola
I giorni della Merla
25 - 26 gennaio 2004

 

Il raduno dell’alto Lago di Como è diventato ormai un appuntamento “storico” per i tanti appassionati di kajak da mare dell’Italia settentrionale (e non solo), attratti dalla compagnia allegra e numerosa ma soprattutto dalle abbondanti e gustose libagioni che coronano immancabilmente le gelide uscite mattutine...
Grazie agli sforzi organizzativi dell’infaticabile promotore ci siamo ritrovati in un’accogliente pensione del borgo di Dascio, proprio dove il fiume Mera si restringe e crea un ponte di acque placide tra il lago di Mezzola ed il Lago di Como; il vero spettacolo è però quello delle decine di automobili allineate sotto la pensione con i nostri lunghi kajak colorati appollaiati sopra (peccato che nessuno abbia pensato di scattare una foto perché il colpo d’occhio era davvero notevole!).
Sono arrivata tardi per un disguido con le famigerate Ferrovie dello Stato, ma sono stata ugualmente premiata all'arrivo: i 25 kajak colorati scendevano lentamente lungo il fiume e quando abbiamo accostato l'auto al ciglio della strada hanno preso a salutare con le manine incastonate sulle pagaie e protette dalle moffole... quant'è bello riconoscere gli amici sotto quei buffi completi da neve che si indossano per le uscite invernali, com'è emozionante ricambiare il sorriso di chi è già entrato in kajak e e si sta godendo la meritata pagaiata settimanale... e cosa c'è di più rilassante di una schiera di kajak che filano silenziosi sull’acqua e che permettono di entrare a stretto contatto con la natura?

Non abbiamo avuto nessuna difficoltà a trovare il punto di imbarco e abbiamo parcheggiato dietro alle inconfondibili auto “cornute” dei nostri amici... ci siamo cambiati in tutta fretta evitando di pensare alla bassa temperatura atmosferica ( e mi aspettavo di peggio, avendo lasciato Napoli a zero gradi, battuta da feroci raffiche di vento gelido e tagliente!) e poi via verso Gravedona.
Non speravamo certo di poter recuperare il tempo perduto sul treno (sgrunt) ma il vento è stato per un bel tratto nostro prezioso compagno di viaggio e ci ha sospinti velocemente verso la meta prescelta per la pausa pranzo... ma proprio quando stavamo per superare il piccolo promontorio del paese abbiamo intravisto in lontananza una serie di piccoli gusci dondolanti che poi si sono avvicinati e hanno preso a salutare e baciare e scherzare e ridacchiare... erano i nostri amici che tornavano indietro per cercare rifugio su un tratto di spiaggia meno battuto dal vento, che nel frattempo era divenuto contrario, come in ogni uscita in kajak che si rispetti!
E ci siamo allora abbandonati agli abbracci e agli abbuffi, dando fondo alle riserve alimentari delle cambuse sempre fornitissime e accendendo persino un fuoco sulla spiaggia ciottolosa (e qui qualcuno ha pensato bene di scattare una foto ricordo!): abbiamo condiviso gherigli di noci e torroncini, torte di mele e colombe pre-pasquali, grappa e numerosi altri liquidi antiossidanti...
Poi il freddo ha cominciato a farsi pungente e abbiamo dovuto riprendere in mano le pagaie...
Abbiamo costeggiato in senso contrario l'ansa del lago, rischiando di impantanarci per aver avuto l'ardire di passare un pò troppo sottocosta; abbiamo risalito il fiume, ammirando increduli i resti arrugginiti di troppi barconi alla deriva, e siamo andati a cercare nel laghetto la cascata che a qualcuno inspira sempre un bagno ristoratore (nella bella stagione, però).
In quel punto i canneti diventano più fitti e si popolano di cigni giovani e ancora impiumati che si pavoneggiano sulle acque gelide del piccolo bacino, con l'unica occupazione di “pascolare” sui bassi fondali del lago cinerino, mostrando impunemente le loro bianche sederi pennuti e sbirciando minacciosi quei lunghi ossi di seppia che si avvicinano silenziosi... le gallinelle d’acqua sembrano più vitali, o forse semplicemente sono più spaventate, perché spesso si esibiscono in curiosi balletti: quando decidono di spiccare il volo, cominciano a sgambettare veloci sul pelo dell’acqua sollevando piccoli sbuffi ad ogni battito d’ali fino a che non riescono faticosamente a sollevarsi in aria; quando poi decidono di tornare in acqua sono ancora più buffe, perché tirano fuori le solite zampette palmate come fossero i carrelli mobili degli aeroplani e poi si buttano a peso morto sull’acqua, beccheggiando vistosamente come un giocattolo molleggiato...

Ho scoperto di soffrire della sindrome del kajakista, quella curiosa patologia che colpisce soggetti adusi ad attività sportive pseudo-marine e pseudo-estive nel momento in cui si tratta di uscire dalla barca: non ne voglio proprio sapere di tornare a terra, di spogliarmi di tutto quell'armatura che mi ha egregiamente protetto dal freddo e di vestire nuovamente gli anonimi abiti civili... non ho punto voglia di scendere dal kajak, anche quando arrivo ad essere perfettamente cosciente che il giro è finito, che la notte sta calando, che la temperatura sta pericolosamente scendendo e che i miei pensieri sono ormai pervicacemente rivolti ad una tazza di the caldo e ad una bistecca alla fiorentina! Allora mi invento di giocherellare con la boa di segnalazione o di sgranchirmi le ossa con qualche appoggio azzardato o di aspettare che gli altri sbarchino per avere la scusa dello scivolo libero o di rimanere ad osservare le nuvole che cambiano forma e colore o di perdermi ad ammirare i riccioli dei cirri nel cielo azzurro... fino a quando qualcuno non mi urla contro che è ora di andare!
E allora la pacchia è finita!
Però il divertimento continua: ci si spoglia in gran fretta per evitare che il sudore si trasformi in stalattiti, ci si aiuta a caricare i kajak sulle auto, ci si ingegna per sbrogliare le cime e ci si dirige convinti sotto la doccia prima e intorno alla tavola imbandita subito dopo...
Devo confessare che, nonostante le troppe sigarette fumate da tutta un'ala della lunga tavolata, la cena del sabato sera è stata uno dei momenti di più alta convivialità dell'intero fine settimana, le chiacchiere fitte e allegre hanno soppiantato i momenti di solitudine e silenzio che io quasi rincorro quando esco in kajak, le risate non sono mai mancate e chi non doveva mettersi alla guida si è abbandonato volentieri a lunghe sorsate di buon vino, l'impareggiabile “comitato organizzatore” ci ha fatto dono di un curioso calendario e ci ha mandati a letto con la testa piena di proverbi comaschi: “ul pulastar del visin al paar gross cumè 'n pulin”!

La mattina della domenica, dopo una gustosa colazione nella pensione e qualche saluto anticipato a chi non si è potuto trattenere, abbiamo trasferito “kajak ed umani” sull'altro versante del lago e ci siamo imbarcati a Dervio... la foschia era però talmente fitta e bassa che quasi non si riusciva a scorgere l'altra riva... abbiamo però fatto rotta su Rezzonico e poi abbiamo allegramente costeggiato fino ad Acquaseria... dopo una sosta tecnica abbiamo deciso di attraversare nuovamente il lago alla volta di Varenna dove avremmo voluto mangiare un buon gelato se non avessimo trovato tutto chiuso all'arrivo... e per qualcuno quell'ultimo tratto è stato il più impegnativo, perché si era nel frattempo alzato un bel venticello che ha punteggiato il lago di “ochette”... ma che spettacolo vedere il vento che spazzava via la foschia e apriva il panorama, le montagne vicine e nitide ed il lago finalmente colorato di verde e azzurro... passata la paura e condite le zuppe del pranzo con grasse risate e ironiche battute, abbiamo fatto ritorno alle auto, alcuni più timorosi (o più saggi) via terra ed altri più avventurosi (o più incoscienti) via lago, sfogando gli uni il desiderio di mettersi al sicuro e gli altri quello di mantenere ancora un po' il contatto magnetico con l'acqua ed il vento ed il kajak... sottocosta non si avvertiva il vento contrario che in alcuni tratti e per lunghi momenti si è sfogato sui 10 superstiti con delle raffiche gelide che bloccavano l'avanzata; abbiamo riparato per qualche minuto nel piccolo porticciolo di Bellano, chiuso da alte mura di contenimento, e quando il gruppetto si è ricostituito abbiamo stupito i pochi passanti infreddoliti riprendendo la rotta verso Dervio... all'arrivo non c'è stato neanche modo di sfidare il vento con un rientro combattuto e sofferto perché, proprio quando ci apprestavamo a sostenere l'ultimo sforzo, quello ha pensato bene di calare di botto... pazienza, è stato bello lo stesso!
Poi ci siamo dovuti rassegnare ai saluti e con una buona dose di tristezza per la fine di una cosa bella ce ne siamo tornati alle nostre case e alle nostre stazioni e alle nostre ordinarie occupazioni...
Ma solo fino alla prossima uscita in kajak!

Testo ed immagini di Tatiana Cappucci

tatiyak@tatianacappucci.it

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