TATIYAK - letture

Nunavut
Antropologia di una rivoluzione al rallentatore
Fabrizio Coresi - Aracne Editrice 2005

Scheda del 15 ottobre 2010 a cura di Tatiana Cappucci

Pijarnirniarniraqtaulaungimmat: nessuno ha detto che sarebbe stato facile.
Una bella espressione inuktitut, difficile da leggere e da pronunciare, con cui si apre e si chiude questo lavoro antropologico, difficile e complesso quanto la frase che lo introduce.
Non è stato facile per gli Inuit raggiungere quanto hanno conquistato, così come non sarà facile la loro vita futura… non è stato facile per l’autore portare a conclusione il suo lavoro, non avendo potuto procedere all’attività sul campo, tanto importante per l’antropologia accademica.

E’ un saggio ricco di osservazioni sull’antropologia del diritto, sulla storia e l’antropologia, sul diritto tradizionale e la colonizzazione giuridica e sugli aspetti sociali di una “rivoluzione al rallentatore”, quella compiuta per l’appunto dagli Inuit del Nunavut.
Il sottotitolo “percorsi di applicazione fra studio del diritto ed esigenze del presente” chiarisce un poco il contenuto del volume, così come la quarta di copertina: “Se rivoluzione è sovvertimento dell’ordine esistente che segna l’instaurazione di un nuovo assetto e l’emergere di gruppi sociali dapprima subalterni, la nascita del Nunavut può considerarsi una versione tranquilla di questo processo. Si tratta di tempi lunghi quanto quelli che scandiscono la vita nell’Artico. Senza aperti conflitti né spargimento di sangue, la nascita di una coscienza politica mostra come l’adesione alla logica della modernità sia per gli Inuit frutto di una scelta che non avviene a scapito della propria via. La storia è quella di un popolo che non subisce passivamente, ma che si oppone con pretese di basso profilo e con gli stessi mezzi offerti dalla tradizione giuridica euro–canadese giungendo al successo (almeno parziale) nella rivendicazione dei propri diritti. Quanto si è conquistato è un sogno divenuto realtà. Per il passaggio da un’ampia autonomia amministrativa a una reale autodeterminazione rimangono delle difficoltà che bisogna evidenziare per comprendere - attraverso l’analisi della storia, dell’ordine politico, del sistema giuridico e dell’immagine tradizionale della giustizia - l’effettivo grado di riappropriazione di sé e avere un quadro completo della situazione degli Inuit del Nunavut”.

Si tratta di un lavoro attento ed analitico sul lungo e faticoso percorso intrapreso a livello culturale e giuridico dagli Inuit del Nunavut per diventare Inuit Canadesi, per la prima volta nella loro storia, ed emblematicamente per la prima volta nella storia dei popoli indigeni, capaci di decidere per le proprie terre e per le proprie vite.
Una interessante disamina storica ci fa comprendere come la colonizzazione dell’artico canadese sia passata attraverso varie fasi, quella dei commercianti di pellicce e di missionari, quella della polizia e dei burocrati come unici rappresentati statali, quella della identità culturale e politica degli Inuit che a partire dagli anni ’60 hanno saputo sviluppare un attaccamento ai valori tradizionali e ai sentimenti popolari: nel Nunavut non c’è mai stato un sovvertimento dello stato sociali, ma un graduale cambiamento che ha portato negli anni ad un nuovo equilibrio politico tra la nazione Inuit e lo stato federale canadese.
La crescita della coscienza politica nell’artico ha portato alla nascita delle organizzazioni Inuit e al lento e graduale cammino verso la costituzione del Nunavut: rispetto ad altre popolazioni indigene, gli Inuit hanno goduto di un relativo isolamento imposto dalla rigide condizioni ambientali e, sebbene si siano affacciati tardi sulla scena politica, hanno saputo nel contempo mantenere uno stretto legame con i tratti fondamentali della propria cultura. E’ stato forse questo il motivo principale del successo del progetto politico del Nunavut, “la nostra terra” nel linguaggio degli Inuit.

L’autore traccia con cura e sapienza le cinque fasi che portarono alla realizzazione prima e alla implementazione poi del Nunavut Lands Claims Agreement, l’atto che ha posto le basi per la formale proclamazione della nascita del Territorio del Nunavut: la prima fase di preparazione dei primi anni ’70, con i documenti governativi volti al riconoscimento degli aboriginal rights, la seconda fase di proposta, con le prime vere contrattazioni tra la Inuit Tapirisat of Canada – Fratellanza Inuit del Canada ed il governo federale, la terza fase di elaborazione nel corso degli anni ’80, con le negoziazioni sugli accordi finali, la penultima fase di approvazione dell’accordo del 1991 e l’ultima fase di implementazione dello storico processo del 1993.
Un lento lavoro diplomatico, culturale e politico che ha portato alla nascita del Nunavut nel 1999, non in un solo giorno, né il un solo anno, ma in un lungo periodo durato quasi mezzo secolo e che ha costituito una sorta di esperimento sociale studiato ora a livello mondiale.
Un cammino di decolonizzazione, di pressione sul governo federale, di lavoro sulle tradizioni popolari, di educazione al linguaggio e alla comunicazione, di utilizzo strategico delle nuove risorse di rete, di acculturazione giuridica e di riconsiderazione del diritto tradizione in prospettiva Inuit: sforzi notevoli volti tutti a costruire una nuova realtà politica e sociale, fondata sul reciproco riconoscimento nella diversità.
Il saggio, per quanto tecnico e accademico, merita di essere letto proprio per l’accento che pone sull’aspetto antropologico della nascita di un nuovo stato, e per il richiamo costante all’importanza della cultura e dell’insegnamento, ormai trascurati e penalizzati anche nei moderni stati democratici e capitalisti.
Per un lungo periodo agli Inuit è stata vietata l’attività orale di racconto degli anziani, perché ritenuta illegale dal governo canadese; sul finire degli anni ’70, invece, l’insegnamento degli anziani non solo venne riabilitato ma anche inserito nei nuovi programmi scolastici; alla lingua inglese è stata affiancata la lingua madre inuktitut e negli anni ’80 sono state istituite scuole di secondo livello, come l’Artic College, dove di studiano l’arte ed i mestieri Inuit accanto alle materie più propriamente accademiche: il nome del college in inuktitut è silattuqsarvik: “il luogo dove acquistare abilità e saggezza”.
Nel 2001, inoltre, è nata a Capo Dorset la prima scuola di legge del Nunavut, l’Akitsiraq Law School, ritenuta ora in grado di “avverare i sogni del nord”: anche in questa università, pure considerata un’istituzione più accademica rispetto all’Artic College, non ci si è dimenticati dell’importanza degli anziani, che vengono accolti all’interno della didattica, nella convinzione che “avere un anziano in classe fornisce un ponte con il passato”!
Penso che mi sarebbe piaciuto molto seguire le lezioni di quella università!

Fabrizio Caresi è nato a Roma e si è laureato nel 2004 presso l’Università degli Studi di Roma “La Sapienza” con una tesi sulle Civiltà indigene d’America. Ha pubblicato altri lavori antropologici sugli Inuit: “Prospettive per il Territorio del Nunavut” con Cesare Pitto per la mostra torinese “Inuit. Popoli del Ghiaccio” e “Nunavut: dal sogno alla realtà” per gli atti del XXVII Convegno Internazionale di Americanistica del maggio 2005 sul numero 5 dei “Quaderni di Thule”.
 

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